Si tratta di un grosso e pesante bastone o randello, lungo circa 1.60 cm e diametro di 4-5 cm (con una estremità più grande rispetto all’altra), generalmente di castagno, con massa da 0.8 a 1.4 kg. Era usato nel napoletano sia per percuotere duramente ( varrata) che per sbarrare l’uscio di casa o per fare “stine ‘e zappa” (asta della zappa usata dai contadini). La varra è inoltre un elemento importante nella struttura lignea del “Giglio” che viene sollevato e collato dai portatori collocati sotto le barre(varre) di castagno, fisse, collocate longitudinalmente e sotto i barrielli (varrielli), mobili, posti ai lati. Questi ultimi, estraibili, diventano armi micidiali nelle non rare risse che scoppiano tra paranze storicamente nemiche. E allora sono varrate! ll termine “Varra” deriverebbe dal basso latino e a sua volta deriva dal celtico “ bar “ che significa “ramo”. Le ultime rappresentazioni pubbliche della disciplina della Varra risalgono al 1650. Prima della rivolta napoletana del 1647, sulla Piazza Mercato
esisteva l’usanza, per celebrare la Madonna del Carmine, d’incendiare, dopo una specie di battaglia tra gruppi armati con lunghi bastoni , una torre di legno,” il Castello” , posta al centro della piazza. Per l’occasione veniva formata la “compagnia degli alarbi” un gruppo di giovani”vestiti alla moresca, e tinto il volto e la maggior parte del corpo di color rosso e di negro, avvolti di vilissimi cenci e con una canna in mano” Il termine alarbi è una voce spagnola per indicare i Mori o comunque persone rozze e brutali, teppa. Ogni anno si nominava il capo degli alarbi e di solito erano i frati del convento, che ben conoscevano gli abitanti del Lavinaio e del Mercato, a sceglierlo. Nel Giugno 1647, Masaniello, grazie alle sue doti di abilità al comando, fu incaricato di istruire un gruppo di giovani Lazzari a fare la parte dell'esercito degli infedeli una delle squadre di giovani che si sarebbero contesi il possesso e il diritto di incendio del Castello, il giorno della festa della Madonna del Carmine. Proprio in quei giorni fu imposto un nuovo dazio dai dominatori spagnoli e il popolo napoletano, ormai allo stremo, si ribellò e….. il primo a farne le spese fu il gabelliere Girolamo Letizia che prese una sonora “ Varrata” da Masaniello. In certe situazioni esplosive basta una scintilla e l’esca già pronta prende fuoco e divampa l’incendio della rivolta popolare che subito trova capipopolo protagonisti come Masaniello e registi occulti come Giulio Genoino (prete) Così il 7 luglio Iniziò la rivolta la cui forza d'urto era inizialmente costituita da quei giovani addestrati all’arte della varra e le cui file vennero ingrossate da diseredati di ogni età. Sappiamo tutti come andò a finire. Masaniello, su suggerimento del Genoino, chiese e ottenne dal viceré una costituzione popolare e l’immunità dalle gabelle per il popolo ma poi si lascia andare ad eccessi e stravaganze che lo portarono alla rovina. Non più sostenuto dai suoi stessi partigiani e dal Genoino fu ucciso nella chiesa del Carmine proprio il giorno della festa. Sconfitto Masaniello, le autorità abolirono il rituale dello scontro e lasciarono solo quello dell’incendio della torre, arrivato fino ai nostri giorni. Evidentemente il gioco eccitava gli animi, abituava alla violenza, sollecitava alla ribellione; e questo impaurì i dominatori spagnoli che proibirono l’addestramento e lo scontro armato tra i gruppi. Di quest’arte, nata come difesa contro i saraceni, a noi sono arrivati solo frammenti attraverso racconti, gesti e balli antichi. Dopo tantissime ricerche storiche e culturali delle tradizioni partenopee, supportato dall’esperienza di studio delle arti marziali durate una vita, ma soprattutto con l’aiuto di alcuni miei allievi che hanno condiviso e sperimentato le mie idee , ho realizzato questo metodo di addestramento all’arte della Varra.